Roma, 20 ottobre- “La realtà ha superato i sogni di gran lunga”. 90 milioni di dischi venduti, 30 anni di carriera, “Con te partirò” oltre 20 milioni di copie vendute. Sono grandi numeri quelli di Andrea Bocelli, icona assoluta di musica e cinema, protagonista alla Festa del Cinema di Roma del primo evento organizzato da Alice nella Città in parthnership Fondazione Musica per Roma.
Il grande tenore con al fianco sua moglie Veronica, oggi sul palco dell’Auditorium, in un incontro moderato da Federico Pontiggia, ha a lungo dialogato con il pubblico e i ragazzi delle scuole di cinema e musica e ha presentato il suo film-concerto, Andrea Bocelli 30: The Celebration diretto da Sam Wrench, che sarà proiettato in anteprima questa sera all’Auditorium Conciliazione alla presenza anche di Elisa e Sofia Carson, e poi andrà in onda in due serate su Canale 5, il 20 e 27 novembre (in America sarà in sala dall’8 novembre distribuito da Fathom).
Partito da un pianobar di Pontedera in Toscana, il successo è arrivato tardi. “Da ragazzo facevo il pianobar. E la mia massima aspirazione era quella di andare a Sanremo (ndr. lo vinse poi nel 1994 nella categoria Nuove Proposte). Nella vita non bisogna mai dare nulla di scontato. Da subito ho capito che la musica era il mio destino perché tutti mi chiedevano sempre di cantare e mai per esempio di giocare a calcio. Quando ero giovane ci credeva più mia madre e mi redarguiva perché non mi proponevo. Portava lei le mie cose ai discografici. Ma c’era sempre un ‘ma’ che fermava tutto”. Bocelli è poi arrivato alla conclusione che la fretta possa essere nociva. “Penso però che ogni cosa deve accadere al momento giusto. Se mi fosse arrivato il successo a diciotto anni non sono sicuro che sarei riuscito a mantenere i piedi per terra. All’epoca scalpitavo, ma a quell’età non montarsi la testa diventa qualcosa di arduo”. I piedi li ha sempre mantenuti per terra, ben saldi e ancorati alle sue origini. “Ho mantenuto un legame fortissimo con l’Italia e con la mia terra. I cinesi dicono che la Cina è al centro del mondo. Per ciascuno di noi lo è il luogo dove si è nati e cresciuti. Sono legatissimo alla mia terra, alla mia famiglia di origini contadine e alla mia lingua. Per me l’inglese è una lingua ostica e imprecisa. Per esempio la parola ‘friend’ non sai mai se si riferisce a un maschio o a una femmina. Anche la famiglia è importantissima. Poi con il tempo si impara a vedere una famiglia allargata e a considerarci tutti una grande famiglia. Se davvero ci sentissimo tutti così, non si sentirebbe più parlare di guerre e non sentiremmo più queste notizie agghiaccianti che arrivano dalla televisione e dai mass media”.
E sui sacrifici: “Tutti danno per scontato che si devono fare sacrifici. Ma Pitagora diceva: prendete buone abitudini e il tempo ve le renderà piacevoli. Sicuramente un cantante deve comportarsi come un atleta evitando alcol e fumo. Ma tutte queste cose se le fai con passione alla fine diventano un’abitudine persino piacevole. Dalla campagna ai camerini per me all’inizio era una prigione. Ora talvolta mi mancano i camerini. L’importante è amare quel che si fa”. Ha duettato con tantissimi grandi. Un nome per tutti: Céline Dion. “Fare The prayer con lei è stata una bella sfida. Ricordo anche che quando duettai con Pavarotti per la paura mi venne la febbre. Una volta mi invitò a pranzo a Modena e mi ha riempito il piatto di salumi e poi mi ha dato un bicchiere di lambrusco. Da toscano gli ho detto: questo è un ottimo vino per farci l’aceto balsamico e lavarci le ruote alle macchine. Lui non l’ha presa tanto bene però poi mi sono fatto perdonare al pianoforte”.
Il più grande sogno non realizzato? “Cantare in duetto con la Callas o con Renata Tebaldi”. Personaggio che vorrebbe incontrare? “C’è l’imbarazzo della scelta, i grandi della terra li ho incontrati quasi tutti: dai Papi ai presidenti degli Stati Uniti. Mi sono commosso di fronte a Muhammad Alì quando a casa sua scoprii che era un mio grande fan e quando mi chiese di cantare per lui”. Prodotto da Mercury Studios, Maverick, Impact Productions e Almud il film-concerto racconta quando più di 30.000 ospiti e un numero notevole di artisti di fama mondiale (da Johnny Depp a Russell Crowe fino a Tiziano Ferro) sono arrivati per l’irripetibile concerto che si è tenuto a Lajatico in Toscana, nell’ormai celebre teatro del Silenzio.
“Non sono timido, ma non mi sarei mai sognato di chiamare questi grandi artisti. Lo hanno fatto loro (ndr. riferito al produttore Francesco Pasquero e a sua moglie che è anche produttrice) e sono contento perché sono venuti tutti con grande piacere. C’era un clima di grande amicizia e siamo stati davvero bene”.
Infine conclude con un consiglio da tenere bene in mente: “I sogni mantengono giovane. Quando uno non ha più voglia di imparare diventa pericoloso. Per difendere la nostra salute, giovinezza e libertà è importante avere sogni che vanno perseguiti attraverso una fame di sapere che non deve mai esaurirsi”.