Roma, 29 aprile- “Ho cercato di essere il più semplice possibile perché meno sforzo c’era e meglio era. Se una cosa vedevo che non veniva bene la toglievo o la cambiavo”. A parlare è Filippo Barbagallo che oggi ha presentato la sua opera prima, Troppo azzurro, nelle sale con Vision dal 9 maggio. Il figlio del noto produttore Angelo qui in triplice veste di autore della sceneggiatura (il soggetto è stato realizzato nell’ambito del corso di sceneggiatura della Scuola Nazionale di Cinema), regista e attore principale porta al cinema la storia di un giovane di nome Dario, il così detto “bambacione” che vive ancora con i genitori (interpretati da Valeria Milillo e Valerio Mastandrea), un po’ a disagio, pauroso di tutto, soprattutto delle relazioni amorose. Ben presto lo capiranno sulla loro pelle sia Caterina (Alice Benvenuti), una giovane conosciuta per caso al pronto soccorso, sia Lara (Martina Gatti), la ragazza irraggiungibile che lui ha sempre amato.
“Prima di scrivere ‘Troppo Azzurro’, mi piaceva l’idea di raccontare una storia che avesse il tono di una conversazione fra amici- dice il regista-. In cui non si ha la pretesa di sorprendere a tutti costi, né di spiegare qualcosa, in cui si sdrammatizza per non annoiare e anche un po’ per pudore.
Volevo che fosse come una birretta e che parlasse anche un po’ d’amore. Leggera, la butti giù in un attimo e ti viene da dire: “Oh, alla fine oggi non si sta mica male”. Ho scritto la sceneggiatura con quest’idea in testa e, quando poi le cose si sono messe in movimento, ho cercato di seguire quell’intento anche come direttiva per la regia e per la mia recitazione. Ho cercato di fare un film ironico e gentile. In cui, spero, qualcuno possa trovare qualcosa di sé, di un amico, di un conoscente o di un familiare”.
Fondamentale soprattutto per la recitazione l’aiuto del regista Gianni Di Gregorio. “Mi ha dato un apporto immenso. È il regista che sentivo più vicino a me. È anche un mio amico e mi ha visto abbastanza spaventato per cui mi ha fatto una sorta di corso intensivo di recitazione. Anche Nanni Moretti sicuramente è un mio riferimento cinematografico perché lo apprezzo molto. Ma ovviamente non ho neanche provato a rifargli il verso”.
Filippo Barbagallo, dopo il diploma alla Scuola Romana di Fotografia, ha lavorato come assistente alla regia ai film “Tito e gli Alieni” di Paola Randi (2017) e “Ride” di Valerio Mastandrea (2018) e nel 2021 si è diplomato in sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia. Alle spalle una figura importante: suo padre, il famoso produttore Angelo Barbagallo. “In questo mio primo film lui non c’entra nulla, ma tanto lo so che ci sarà sempre chi dirà che ho diretto un film solo perché sono figlio di- dice Filippo Barbagallo-. Studiavo sceneggiatura al Centro Sperimentale poi ho fatto un corso con Annamaria Morelli, che è la produttrice del film insieme ad Antonio Celsi per Elsinore Film e Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa per Wildside, le ho fatto leggere la mia sceneggiatura e lei ha deciso di produrlo. Sicuramente ha aiutato il fatto che era un film a piccolo budget”. “Non ho fatto questo film per il suo cognome, ma perché l’ho conosciuto come allievo e mi piaceva la sua scrittura leggera e fresca, ma non superficiale”, conclude la produttrice Annamaria Morelli.