Roma, 26 marzo- Ridare ai Lumiere il ruolo che meritavano nella storia del cinema. È questo lo scopo del documentario ‘Lumière – L’avventura del cinema’. Presentato da Thierry Frémaux, direttore del Festival di Cannes nonché dell’Istituto Lumiére di Lione, dopo l’anteprima all’ultimo festival del cinema di Roma, è un viaggio alle origini della settima arte che raccoglie più di 120 vedute inedite e restaurate dai fratelli cineasti, a 130 anni dal loro celebre, primo film realizzato, ‘Sortie d’usine’ (Uscita dalla fabbrica), girato nel 1895, per molti, il principio dell’arte cinematografica.
Il nuovo ‘Lumière – L’avventura del cinema’, dopo aver partecipato ai festival di Roma, San Sebastián, Tokyo, sarà nelle sale italiane da lunedì 3 aprile, distribuito dalla Cineteca di Bologna (con il suo progetto Il Cinema Ritrovato. Al cinema) e Lucky Red. Un lavoro che raccoglie 120 film inediti dei fratelli Lumière, che andremo a scoprire grazie al testo e alla voce narrante di Thierry Frémaux (doppiato in italiano da Valerio Mastandrea).
Le 120 “vedute” (così sono chiamati i film girati dai fratelli Lumière e dai loro operatori) inedite sono state restaurate dal laboratorio della Cineteca di Bologna L’Immagine Ritrovata: un restauro che trasforma il modo di pensare al cinema dei Lumière e che possiamo finalmente tornare a vedere, come gli spettatori dell’epoca, nella loro bellezza originaria. Come l’opera precedente, ‘Lumière – L’avventura del cinema’ si compone di immagini girate dai fratelli Lumière, compiendo un passo ulteriore: questo nuovo film ci racconta la nascita del cinema, ritrovando nell’arte dei fratelli Lumière già tutte le componenti tecniche, narrative ed estetiche che saranno del cinema a venire. Ed è proprio il rapporto con il cinema di oggi a stupire: le storie di 50’’ dei fratelli Lumière (formato unico per tutti i film da loro girati tra il 1985 e il 1905) sono, mutatis muntandis, le storie dei social media di oggi.
“I Lumiere hanno fatto un lavoro fondamentale e lungimirante per le sorti del cinema, e ci sono ancora tantissime opere meravigliose da restaurare e scoprire- dice Frémaux-. Il loro ruolo nella storia del cinema è sempre stato un po’ bistrattato. Non sono stati solo inventori del cinema e neanche solo cineasti. Furono entrambe le cose. Io non conoscevo tutte le ‘vedute’ che avevano realizzato, per cui è stato magnifico riscoprirli”.
A questo proposito l’autore ha annunciato anche che a settembre per preservare le opere si aprirà Lumiere +, una piattaforma dell’Istituto Lumiere in cui saranno messi a disposizione degli utenti tutti i film dei cineasti e ognuno potrà guardarli liberamente, così come erano stati concepiti in origine.
Non solo archeologia della genesi del cinema, però, il plenipotenziario cannense si è sbilanciato anche sulle prospettive future della sala: “Cinque anni fa, per la prima volta, con la pandemia sono stati chiusi contemporaneamente tutti i cinema del mondo. Non era mai successo prima, neanche durante la guerra. E si è assistito, così, al trionfo delle piattaforme. Ma già quando cominciai a lavorare per il festival di Cannes, agli inizi del Duemila, tutti dicevano che il cinema era finito. La sua morte è stata annunciata di continuo. Ma i Lumiere hanno inventato la sala – Edison pensava solo allo stato commerciale del prodotto e non alla visione in comune – hanno girato duemila film per alimentare al passione e la voglia del pubblico. E contro le previsioni, i cinema hanno trionfato ovunque. Anche i ragazzini di oggi che vivono sui telefonini, sono sempre gioiosi di andare al cinema”.
Di conseguenza, Frémaux traccia una strada per preservare l’esperienza cinematografica in sala: “In Francia c’è una politica che protegge il cinema, attuata dalla stampa, dagli artisti, dai professionisti. Ci vuole del lavoro dietro per proteggere questo patrimonio: per esempio Bologna è diventata, in Italia, un centro fondamentale per alimentare, con le loro molteplici iniziative, la cultura cinematografica”.
In conferenza stampa anche il direttore della Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelli, il quale ha definito il film di Frémaux : “un’opera inedita, straordinaria e ricchissima, un film straordinariamente affascinante, perché mette in dialogo il cinema delle origini con quello attuale, proponendoci immagini di un passato remoto che altrimenti sarebbero rimaste invisibili. Faremo di tutto proporre questo film, che è un libro di testo sul cinema, sulla sua ontologia, non solo nelle università, ma anche nelle scuole”.