HomeARTICOLIAndò e il suo Garibaldi de 'L'abbaglio' con Ficarra, Picone e Servillo

Andò e il suo Garibaldi de ‘L’abbaglio’ con Ficarra, Picone e Servillo

Roma, 9 gennaio- Dal Pirandello de ‘La stranezza’ al Garibaldi de ‘L’abbaglio’ Roberto Andò torna al cinema, nelle sale dal 16 gennaio con 01 distribution, con un trio che ormai sembra consolidato composto da Ficarra, Picone e Toni Servillo.
Siamo nel 1860 e i Mille di Giuseppe Garibaldi, interpretato da Tommaso Ragno, sbarcati a Marsala in Sicilia iniziano a battersi contro l’esercito borbonico, di cui è subito evidente la preponderanza numerica. Tra i tanti reclutati ci sono due siciliani: Domenico Tricò, un contadino emigrato al nord, e Rosario Spitale, un illusionista, ovvero Ficarra e Picone nei panni di questi due personaggi di finzione, guidati dall’ufficiale palermitano Vincenzo Giordano Orsini (Servillo).

“Ci sono delle storie che ti vengono incontro e la vicenda dei Mille ci ha permesso di raccontare lo spazio e il tempo di un momento di cambiamento come quello del Risorgimento- dice Roberto Andò-. Un momento nel quale tutto potrebbe accadere e nel quale si incrociano le illusioni e le disillusioni. Il tempo è quello del 1860, un anno importante anche per il cinema perché è quello del Gattopardo. E Orsini è in qualche modo un antigattopardo che nel film porta lo sguardo del dubbio. Ci si chiede: questa rivoluzione si è compiuta perfettamente? È un film che racconta tra commedia e dramma un momento particolare in cui tutto può accadere. Lo spazio è quello della Sicilia, luogo di contraddizioni e di contrasti, il cui nemico è quello di non credere fermamente nelle idee che possono esprimere un cambiamento”.

E Toni Servillo aggiunge: “Avere fiducia nel racconto crea le basi per una buona efficacia espressiva. Qui si è intensificata la realtà”.
Mentre Ficarra: “Quando hai una sceneggiatura (ndr. i cosceneggiatori sono Ugo Chiti e Massimo Gaudioso) ben scritta il lavoro è sempre molto facile. Insieme a Picone interpretiamo due persone piccole che non hanno la consapevolezza di quello che gli sta accadendo intorno”.
E Roberto Andò prosegue: “Questo film è il mio western e la Sicilia in cui si trovano i personaggi è una frontiera. Quando arrivò Garibaldi ci fu un’adesione incredibile, molti lo videro come una sorta di Che Guevara. Quel che lui promise poi si realizzò fino a un certo punto. Io penso che per rendere una cosa ancora più vera c’è sempre bisogno di un po’ di immaginazione e tradimento e quel che ho cercato di fare raccontando questa storia dall’arrivo a Marsala dove furono bombardati a Calatafimi”.

Infine conclude: “Mi appartiene la possibilità di lavorare in questa continua coesistenza tra dramma e commedia. Sono due codici che consideriamo lontani mentre in realtà sono molto vicini. Simile a ‘La grande guerra’ di Monicelli? Nel suo finale c’era più speranza, nel mio meno”.

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