Roma, 21 ottobre- “Avendo già fatto nove film con protagonisti maschili, avevo voglia di cambiare e di mettere in primo piano una donna”, così Paolo Sorrentino alla presentazione del suo ultimo film, Parthenope, in uscita il 24 ottobre distribuito da PiperFilm in 500 sale.
Protagonista è appunto una giovane ragazza di nome Parthenope, interpretata dall’esordiente milanese Celeste Dalla Porta, mentre nell’età adulta ha il volto di Stefania Sandrelli.
“Il mio è un racconto, apparentemente ambizioso, ma in realtà molto semplice e sentimentale sulle varie tappe della vita dalla giovinezza dove ci si abbandona e se si è fortunati si può raggiungere la felicità alla tappa successiva verso la responsabilità e l’età adulta in cui si percepisce che la vita ci sta abbandonando e che ti volta un po’ le spalle. Un momento malinconico e pessimistico che però viene smentito alla fine da Stefania di fronte alla città di Napoli”, prosegue Sorrentino.
Presentato in Concorso al Festival di Cannes, il film racconta la vita di Parthenope dal 1950 a oggi. Un’epopea femminile senza eroismi, guidata dal desiderio di libertà, dall’amore per Napoli e dai sentimenti imprevedibili, a volte dolorosi, che però ti fanno ripartire. La giovinezza spensierata a Capri e la sua inevitabile fine, segnata, come tutte le giovinezze, dalla brevità. Accanto alla protagonista, i napoletani: disillusi e vitali, ironici e dagli sguardi stanchi. La vita scorre, portando con sé tutte le emozioni umane, mentre Napoli, affascinante e crudele, ammalia e ferisce.
Il film è interpretato anche da Isabella Ferrari, Lorenzo Gleijeses, Peppe Lanzetta, Gary Oldman, Silvio Orlando, Luisa Ranieri e Stefania Sandrelli.
Girato tra Napoli e Capri, PARTHENOPE è una co-produzione Italia-Francia. Scritto e diretto da Paolo Sorrentino, è un film Fremantle prodotto da The Apartment Pictures, una società del gruppo Fremantle, e Pathé in associazione con Numero 10, in associazione con PiperFilm e Saint Laurent.
Infine il regista Premio Oscar conclude: “Il cinema dovrebbe vedere, ma in modo sbilenco. Mi piace vedere traslando quella vista verso l’immaginazione e la fantasia. Io non sono in grado di confrontarmi con il cinema di oggi perché ne vedo poco, né di giudicare quello che faccio. Uno alla fine è condannato a fare quello che sente non c’è altro modo per me di fare questo lavoro. Non faccio troppi calcoli, questa storia mi riguardava in quel momento quando l’ho concepita. Non è importante quel che ho provato io nei confronti del film, ma il film in sé”.