Venezia, 5 settembre- “Lo spettro del fascismo si aggira ancora per l’Europa, ma non sono stato io ad evocarlo con il mio romanzo, né Joe Wright e gli altri con il film. Sono altre forze storiche e altri soggetti a richiamarlo alla mente, non certo noi. Ciò che l’arte democratica può fare è disperderlo e fugarlo”. Così lo scrittore Premio Strega Antonio Scurati alla presentazione di M- Il figlio del secolo, tratta dal suo romanzo bestseller e ora diventata una serie in otto episodi interpretata da Luca Marinelli nei panni di Mussolini e diretta da Joe Wright.
Presentata fuori concorso alla 81esima Mostra del Cinema di Venezia e dal 2025 in esclusiva su Sky e in streaming solo su Now, la serie prodotta da Sky Studios e da Lorenzo Mieli per The Apartment in coproduzione con Pathé, racconta la nascita del fascismo in Italia e l’ascesa al potere di Benito Mussolini.
“Questo è il terzo film che faccio ambientato in questo periodo storico. È un periodo che mi affascina pensando a dove siamo arrivati ora. Sono cresciuto negli anni settanta e ottanta da antifascista e di recente abbiamo visto la crescita dell’estrema destra in tutto il mondo. Mi sono sentito responsabile di capire la crescita di tutto questo”, dice il regista Joe Wright.
Il risultato è una serie dalle scelte visive e dall’aspetto fumettistico stupefacente. “Ho concepito un’estetica che era una mescolanza tra il grande regista de L’uomo con la macchina da presa (1929) ovvero Dziga Vertov, Scarface (1932) di Howard Hawks, e la cultura rave degli anni novanta. Ho fatto una specie di collage tra bianco e nero e colori acidi estremi e momenti musicali drammaticissimi”, spiega il regista.
E sulla scelta delle musiche di Tom Rowlands dei Chemical Brothers dice: “Volevo trasmettere che cosa era stato quel periodo: utilizzare la musica di quei tempi sarebbe sembrato vecchio stile. Io volevo invece che fosse contemporaneo. La colonna sonora è stata una decisione fondamentale e quella che ha definito l’estetica del film. Al montaggio poi abbiamo lavorato tantissimo in termini di velocità del ritmo e di creazione del passo. Abbiamo creato un ritmo che trasmetteva la rivoluzione, la dinamicità e anche la paura del periodo”.
E Luca Marinelli: “Vengo da una famiglia antifascista. All’inizio ho avuto molti pensieri a fare questo progetto però poi ho capito che poteva essere una maniera per prendermi nel mio piccolo una responsabilità storica. Non ce l’avrei mai fatta senza Wright. Ho imparato a non giudicare i miei personaggi. Qui era difficile non farlo proprio per il mio essere antifascista. Ho dovuto sospendere il giudizio per quei sette mesi e ho tentato di avvicinarmi alla figura di Mussolini. Ho cercato di capire perché un passo ha seguito l’altro. Cosa molto difficile perché per me è incomprensibile. Ho ragionato sul fatto che fosse un criminale a tutto tondo che ha scelto di fare quello che ha fatto”.
Nel cast anche Benedetta Cimatti, nei panni di Donna Rachele, Francesco Russo e Barbara Chicchiarelli, rispettivamente nel ruolo di Cesare Rossi e Margherita Sarfatti.
“Siamo partiti dall’intimo rapporto complesso e articolato tra Benito e Margherita- dice Barbara Chicchiarelli-. Ho letto il libro Dux che ha scritto Margherita per promuovere la figura di Mussolini in Italia e all’estero. Abbiamo lavorato sulla morbosità del loro rapporto che era sicuramente basato sul potere. Margherita esercitava un potere su Mussolini e viceversa lui lo esercitava su di lei. Era una delle donne più colte e intelligenti dell’epoca sebbene queste avessero ben poco margine di manovra conoscendo il periodo storico. Si usavano un po’ a vicenda e questo è stato un aspetto fondamentale su cui abbiamo lavorato. Abbiamo anche lavorato sulla seduzione. Loro si amavano. Lessi tanto tempo fa il carteggio tra Margherita e Benito e il loro era un amore puro aldilà della politica”. E Francesco Russo: “Il mio personaggio rappresenta la vittima piccolo borghese. Sono partito da questa relazione di co- dipendenza quasi tossica tra il mio personaggio e Benito Mussolini. Ho letto tanti libri scritti da Cesare Rossi e ho notato che lui difendeva le sue ragioni e quell’epoca fascista, ma non riusciva a parlare male di Mussolini. È come se il mio personaggio vivesse una sorta di sindrome di Stoccolma. Prova ad alzare la testa, ma poi rimane ad adulare Mussolini. Sono un po’ uscito dalla storicità ed entrato nella metafora dell’adulazione che la popolazione italiana ha vissuto nei suoi confronti”.
“Ho sempre pensato che il cinema fosse il naturale prolungamento del mio romanzo- dice Antonio Scurati-. Un romanzo particolare, io lo chiamo romanzo documentario che rimane devoto e fedele ai fatti storici creando una cornice romanzesca. La mia ricerca era per una forma d’arte popolare. Trattandosi del fascismo era fondamentale raccontarlo con uno sguardo nuovo e antifascista per tutti e per più spettatori possibili”.
Infine il produttore Lorenzo Mieli conclude: “Ho avuto la fortuna di leggere il romanzo di Antonio Scurati prima che uscisse. Leggendo le prime pagine ho capito immediatamente che Antonio non solo era riuscito a far capire la nascita del fascismo e ad essere storicamente molto accurato, ma anche a fare capire che invenzione quell’uomo era riuscito a fare. Un’invenzione ancora così forte e potente. In Italia si sono fatti pochissimi film e serie sul fascismo e su Mussolini. Di solito ci si è sempre concentrati sulla fine e sulla caduta, ma nessuno aveva raccontato al cinema o in televisione le origini di questa persona e di questa terribile e rivoluzionaria invenzione”.