Roma, 22 maggio- Il mestiere dell’attore è a rischio estinzione. E i professionisti del mestiere si fanno sentire in occasione degli Stati generali delle attrici e degli attori, evento che si è svolta per la prima volta ieri a Roma al Cinema Adriano organizzato dal Raai, il Registro degli attori italiani.
I problemi sollevati? Sono tanti dai requisiti per accedere alla discontinuità, alla pensione fino al riconoscimento dei minimi di lavoro. E poi: la sperequazione tra figure professionali, tra cinema e teatro, la contrattazione, le strettoie del tax credit, le accuse di frammentazione. Molti anche i pregiudizi su questa professione che sono da abbattere: “Molti ci credono bambini viziati, ma noi non abbiamo tutele come tutte le altre categorie, dalla malattia, alla maternità, la genitorialità, la disoccupazione e il 99% di noi non arriva a maturare una pensione, non abbiamo garanzie di lavoro” dice Raffaele Buranelli, presidente del Raai.
Varie le minacce e i problemi. Dall’Intelligenza Artificiale ai pochi ruoli femminili. “Ma non crediate che l’IA possa davvero sostituirci”, dice la vicepresidente del Raai Monica Guerritore.
Ma anche altre questioni sono state sollevate. In primis: la contrazione delle condizioni di lavoro subita dal 95% della categoria, coloro cioè che ricoprono ruoli comprimari, tanto che è cresciuto il numero delle persone che ha abbandonato la professione. Ma anche i self-tape, che obbligano a lunghe attese spesso senza risposta, senza alcun contatto umano e senza più casting e provini per la scelta degli attori.
“Ci sono meno ruoli al femminile, che c’è una sperequazione sia a livello di reddito che di numero delle giornate lavorative. Questa forbice aumenta ancora di più dopo i 50 anni”, dice Emanuela Grimalda.
La politica è chiamata a misurarsi con questa situazione. E Giuseppe Conte, leader M5s, dice: “Gli attori e le attrici rivendicano delle cose giustissime. È un settore che è un pilastro per la nostra cultura”. E poi promette di alzare la bandiera degli attori per una modifica del decreto sulla discontinuità, che è misera e inadeguata.