Bari, 20 marzo- “Un film di donne e per donne, nato dal desiderio di raccontare mia madre”. Così Lina Sastri a proposito della sua opera prima da regista dal titolo: ‘La casa di Ninetta’. Presentato al Bif&st e da maggio in sala, il film racconta la storia di una donna luminosa e speciale: Ninetta, quella giovane interpretata da Maria Pia Calzone, e quella anziana, interpretata da Angela Pagano, e di sua figlia Lucia (la stessa Lina Sastri), che fa l’artista e ha un rapporto di grande amore con sua madre.
Ninetta è accudita da tre badanti perché malata di Alzheimer, vive in una casa a Napoli, dove Lucia va a trovarla ogni volta che le è possibile.
La voce fuori campo di Lucia ci guida nel racconto della famiglia, passando dal presente al passato e seguendo il flusso della memoria.
“Dopo aver realizzato un monologo teatrale, tratto dal libro, ho pensato a un film, come un sogno, una scommessa- dice Lina Sastri-. Non sapevo come si fa a realizzare un film ma, come sempre nella mia vita, ho seguito l’istinto e mi sono imbarcata in questa avventura. Ho scritto la sceneggiatura e ho deciso anche di produrlo. L’ho proposto a Rai Cinema che ha accolto il progetto e poi a Run film che mi ha affiancato. Lo abbiamo realizzato con pochissimi mezzi, ma con molto amore. Il mio viaggio per realizzarlo, da quando ho iniziato a scriverlo, è durato 7 anni”.
E poi: “Questo mio film è una lettera d’amore a mia madre. Come lo è stato il libro quando l’ho scritto, dopo che se ne era andata per alzheimer. Volutamente ho deciso di non soffermarmi troppo sulla malattia, anche se è presente in tutta la storia. È una preghiera, un’ode”.
Anche Napoli è protagonista. “Sì è vero, Napoli è protagonista con Ninetta. Ho avuto la fortuna di vivere una Napoli non retorica, pur nascendo in un vicolo, una Napoli nobile e semplice, anche se con zone di mistero, di magia. Un po’ come era Ninetta. Oggi è sempre la stessa, ma vive un momento di grande rinascita e visibilità. E questo naturalmente la arricchisce, ma anche ne sottolinea troppo le caratteristiche fino a renderle eccessive e a volte caricate e false. Perché sottolineate, esaltate dai napoletani stessi”.